Qual è la differenza tra USB 2.0, USB 3.0 e USB Type-C (3.1)?

By Jessica Lambiase

Era il 1997 quando si iniziò a sentir parlare di un connettore unico che sarebbe stato in grado di collegare diversi tipi di dispositivi ai computer utilizzando un solo tipo di cavo ed una rispettiva porta.

E’ così che, col passar del tempo, porte come le COM (usate spesso per i modem e per altre tipologie di dispositivi), LPT (per le stampanti) e PS2 (in genere per mouse e tastiera) sono praticamente scomparse ed hanno lasciato il posto ad un tipo di porta – e relativo connettore – di cui ad oggi non si potrebbe fare a meno: lo Universal Serial Bus, che tutti conosciamo in confidenza come USB.

Nonostante tutti abbiamo ben chiaro cosa siano una porta ed un cavo USB, non sempre è chiara la differenza tra gli standard che si sono successi nel tempo: tralasciando lo standard 1.1, ormai caduto in disuso, in questo articolo andremo a scoprire qual’è la differenza tra USB 2.0 e USB 3.0.

La nostra guida andrà ad analizzare quelle che sono le differenze pratiche tra i due standard, tralasciando volontariamente ciò che riguarda la parte di circuiteria e progettazione elettronica. Infine andremo ad analizzare l’ultima generazione di USB, ovvero USB 3.1 con il suo connettore USB Type-C, che esteticamente si distingue dai precedenti ma che conserva una certa retrocompatibilità.

Punto 1: le differenze estetiche

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Solitamente si legge che un dispositivo è dotato di un certo numero di porte USB 2.0 e di porte USB 3.0: per quanto queste possano sembrare identiche, scoprirete in seguito che i dispositivi USB delle due categorie sono in grado di trasmettere dati a velocità differenti, oltre che di assorbire una diversa quantità di elettricità (e quindi alimentare diverse tipologie di dispositivi).

Distinguere esteticamente una porta USB 2.0 da una porta USB 3.0 è semplice: la classica piastra plastificata dei primi è di colore grigio o nero bianco, mentre quella dei secondi è di colore azzurro o blu scuro.

Per quanto riguarda i cavi, invece, se la piastra di plastica è blu si tratta certamente di un USB 3.0 – mentre per la piastra bianca potrebbe trattarsi anche di un cavo USB 2.0.

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Punto 2: l’energia richiesta per l’alimentazione

A decretare il grosso successo della connettività USB è stata sicuramente la possibilità di molti dispositivi compatibili ad alimentarsi “da soli” semplicemente utilizzando quel tipo di collegamento, andando di fatto ad eliminare la necessità di una fonte di elettricità alternativa (e quindi di un altro, fastidioso cavo).

La combinazione alimentazione+collegamento nasce in USB 2.0 e resta anche in USB 3.0, ma con numeri diversi: le periferiche USB 2.0 possono assorbire una corrente massima di 100 mA, mentre le USB 3.0 possono assorbire una corrente massima di 150 mA.

Tali valori cambiano notevolmente durante la fase di enumerazione – quella in cui l’host (il sistema operativo) identifica il tipo di periferica collegata alla porta: i dispositivi USB 2.0 in quella fase possono assorbire corrente fino a 500 mA, i dispositivi USB 3.0 possono invece arrivare anche a 900 mA.

Quindi, concludendo, USB 3.0 differisce rispetto al suo predecessore anche per il notevole incremento delle potenze di cui i dispositivi necessitano – USB 2.0 può alimentare dispositivi fino a 2.5W di potenza, USB 3.0 arriva fino a 4.5W (a fronte di input a 5V)- sebbene subentrino specifici meccanismi di ottimizzazione energetica.

Punto 3: le prestazioni in trasferimento dati

Secondo lo standard USB 2.0 (che vi ricordiamo avere la bellezza di 14 anni) la massima velocità teorica di trasferimento è pari a 480 Mbit/s, mentre quella di USB 3.0 (che ha “soltanto” 4 anni) è oltre dieci volte superiore, ovvero 5 Gbit/s.

Sebbene per alcune tipologie di dispositivi questa differenza sia decisamente notevole fin da subito, è praticamente impossibile che un dispositivo USB riesca a comunicare effettivamente con l’host utilizzando il massimo della velocità teorica a causa delle limitazioni strutturali del dispositivo stesso.

Ad esempio, parlando di periferiche di archiviazione USB (che siano dischi, chiavette USB o memorie flash), le prestazioni del tipo di memoria stessa vanno ad intaccare sulle prestazioni di USB, impedendo il raggiungimento della massima velocità di trasferimento.

Ciò non toglie comunque che la differenza tra USB 2.0 ed USB 3.0 si percepisca nella stragrande maggioranza dei casi, e ciò ne decreta anche una leggera differenza in prezzo – i dispositivi USB 2.0 sono di norma più economici rispetto a quelli USB 3.0.

Punto 4: la retrocompatibilità

Sembra scontato ma in realtà non lo è affatto: a differenza di quanto succede di norma, è possibile usare – con ovvie limitazioni – sia dispositivi USB 2.0 in porte USB 3.0 sia il contrario, senza nessun problema di compatibilità. Entrambi gli standard sono assolutamente compatibili tra di loro per quanto riguarda il trasferimento dati.

Chiaramente ciò andrà ad intaccare sulle prestazioni: un dispositivo USB 2.0 collegato ad una porta USB 3.0 non potrà usufruire della velocità di trasferimento offerto dallo standard più recente, così come la velocità di trasferimento un dispositivo USB 3.0 collegato ad una porta USB 2.0 sarà “adeguata” allo standard precedente.

Il discorso diventa leggermente differente per quanto riguarda la corrente: nessun problema per i dispositivi USB 2.0 collegati alle porte 3.0, che riceveranno sicuramente il quantitativo di corrente richiesto; differente invece lo scenario opposto: un dispositivo USB 3.0 potrebbe non riuscire ad ottenere la corrente necessaria per alimentarsi autonomamente se collegato ad una porta USB 2.0, sebbene tale scenario sia raramente riscontrabile.

Va comunque sottolineato che con USB 3.0 viene interrotta la compatibilità con i cavi USB e microUSB 2.0 di tipo A.

USB Type C (USB 3.1)

Immagine: TheVerge

La specifica USB 3.1 è stata presentata lo scorso Dicembre 2013, e con essa tutte le sue novità ed i miglioramenti in termini di energia e velocità di trasferimento dati: in primis USB 3.1 permette di alimentare dispositivi con richiesta di potenza sino a 100W (in alcuni Chromebook e negli ultimi Macbook il connettore USB 3.1 alimenta e ricarica da solo le batterie e gli stessi dispositivi), in secondo luogo la velocità teorica raggiungibile diventa dieci volte superiore rispetto a quella del suo predecessore, toccando i 10 Gbit/s.

La novità più interessante, tuttavia, è il cavo di collegamento – profondamente diverso dai suoi predecessori – che ad oggi si trova su sempre più dispositivi: il connettore USB Type-C ha spessore pari a quello di un attuale microUSB, è leggermente più lungo e – cosa molto, molto gradita – è double-sided, ovvero può essere inserito nella porta in entrambi i versi eliminando quindi il pericolo di danneggiarlo inserendolo in maniera errata, cosa che – strano, ma vero – è capitata e capita tutt’oggi piuttosto spesso con i cavi USB 2-3.0.

Il connettore USB Type-C è retrocompatibile con le porte USB da 2.0 in su, ma non vale il viceversa. Ad oggi sono estremamente diffusi adattatori e cavi ibridi (USB 3.0 Type-B – USB 3.0 Type-C) per rendere meno “traumatica” la graduale transizione da uno standard (ed il relativo cavo dedicato) all’altro.

L’articolo Qual è la differenza tra USB 2.0, USB 3.0 e USB Type-C (3.1)? appare per la prima volta su Chimera Revo – News, guide e recensioni sul Mondo della tecnologia.

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