Perché Ubuntu Phone può rivoluzionare il mercato

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Dov’eravamo rimasti?

Lo scorso ottobre avevo scritto una serie di post dal titolo “Una settimana con Ubuntu Touch” (chi se l’è persa la può leggere adesso). Purtroppo la serie rimase incompiuta, quella cosa noiosa chiamata “lavoro” 🙂 mi prese tempo ed energie. Ma non per questo ho smesso di utilizzare Ubuntu Phone sul Nexus 4, e forse già sapete che il 6 Febbraio sarò a Londra alla presentazione del primo smartphone BQ motorizzato Ubuntu.

Riprendo il discorso, faccio un passo in dietro e alzo lo sguardo verso l’orizzonte, per ampliare il panorama.

Get Famous (or Die Tryin’)

Ubuntu Phone esce in un momento in cui Apple e Google con iPhoneOS e Android dominano il mercato di smartphone e tablet. Gli altri mordono la polvere, pur producendo prodotti belli e per certi versi competitivi.
La “user experience” che detta legge, è la stessa su tutti i sistemi: una griglia di icone (o mattonelle) che rappresentano le app installate sul dispositivo. Un “tap” sull’icona, usi la app, esci, un altro tap su un’altra icona… e via così.
Questo tipo di approccio è frammentario, poco agevole se si vuole passare rapidamente da una foto a un tweet a un messaggio e a qualsiasi altro contenuto, che questo sia presente sullo smartphone o su Internet, proprio o di amici.
Ubuntu Phone cambia le carte in tavola, mettendo i contenuti al centro dell’esperienza utente, siano essi appunto foto, messaggi, tweet, ma anche previsioni del tempo o “la farmacia più vicina”. O qualsiasi altra cosa.
Una strada al tempo stesso innovativa e obbligata, perché è impossibile che Ubuntu Phone diventi famoso seguendo la stessa strada già battuta da troppa altra gente.

Scopes: qualcosa di completamente nuovo

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“Scopes” è l’arma (neanche tanto) segreta, con cui Ubuntu vuole sovvertire l’ordine costituito. Gli Scope sono i pannelli (presenti anche su Ubuntu Desktop) da cui si accede ai contenuti. Il pannello delle app, il primo che si vede accendendo un Ubuntu Phone (qui sopra) è appunto uno Scope, ma ce ne parecchi altri. Sono di due tipi:

  • Aggregator: è uno scope che raccoglie contenuti da varie fonti, configurabili – per esempio lo scope Musica (vedi sopra)
  • Branded: è uno scope che raccoglie contenuti specifici, come Instagram, Souncloud o Wikipedia
Gli scope “branded” potrebbero sembrare delle normalissime “app”. I vantaggi però di uno scope (sia branded che aggregator) sono: la velocità nello sviluppo (per i programmatori) e la velocità nell’accesso ai propri dati (per gli utilizzatori finali).

“Scopes” sono più di un motore di ricerca specializzato, perché sono facilmente installabili e configurabili. Su Ubuntu Store se ne trova già qualche decina, alcune delle quali davvero molto interessanti, ma di questo ve ne parlo in un altro post.
Sia chiaro: le app, sono presenti dove ci si aspetta di trovarle. Twitter, Facebook e Gmail sono lì che vi accolgono con la loro interfaccia confortevole e conosciuta.

Il futuro non è scritto

Il successo di Ubuntu Phone passa però per quanto saprà attrarre sviluppatori prima e consumatori poi. I primi trovano già la strada spianata per un facile e veloce processo di sviluppo, grazie alla varietà e alla potenza degli strumenti a disposizione.
I consumatori devono invece trovare qualcosa di facile e immediato, che eviti loro di “dover imparare un sistema”, che inibirebbe l’adozione di massa.

Ubuntu Desktop ha già conquistato milioni di utenti in tutto il mondo, vi immaginate cosa può fare Ubuntu Phone, che sarà preinstallato sugli smartphone? 😉

Nei prossimi post riprenderò il filo della prova di Ubuntu Phone, provando tutte le interessanti novità che sono avvenute nei mesi scorsi.

– by Dario Cavedon – dariocavedon.blogspot.com
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