La nascita dei Sistemi Operativi liberi: da GNU a BSD e distribuzioni GNU/Linux

La storia dei sistemi operativi liberi è un intreccio di filosofia, tecnica e comunità. Dalla nascita del progetto GNU e dei primi sviluppi di BSD negli anni ’80, alla comparsa del kernel Linux nel 1991, fino alla maturazione delle distribuzioni GNU/Linux nei primi anni ’90 (con Slackware e Debian nel 1993, seguite da Red Hat nel 1994) e alle dispute legali con AT&T contro l’Università di Berkeley per il codice Unix presente in BSD, risolte nel 1993–1994, e con SCO contro IBM e altri attori alla base del codice del kernel Linux, avviate nel 2003, si delinea un percorso che ha profondamente trasformato il panorama informatico.
In questo articolo ripercorreremo le tappe essenziali di tale evoluzione, mostrando come le distribuzioni GNU/Linux, grazie alla licenza GPL che ne tutelava la libertà, al fatto che il kernel Linux fosse privo di codice proprietario, alla collaborazione globale e alla straordinaria adattabilità, siano riuscite a prevalere sugli altri sistemi e a diventare il cuore pulsante dell’infrastruttura digitale contemporanea.
1983: il progetto GNU
Nel 1983 Richard Stallman fondò la Free Software Foundation e avviò il progetto GNU (GNU’s Not Unix), con l’ambizione di realizzare un sistema operativo completamente libero, compatibile con Unix ma svincolato da vincoli proprietari. La filosofia del software libero, formalizzata attraverso la licenza GPL (General Public License) scritta nel 1989 da Richard Stallman, garantiva agli utenti la possibilità di utilizzare, studiare, modificare e ridistribuire il software, creando le basi di una comunità collaborativa globale.
Negli anni successivi il progetto GNU produsse strumenti fondamentali: il compilatore GCC (GNU Compiler Collection), l’editor Emacs, le librerie di sistema e numerose utility che replicavano e miglioravano le funzionalità di Unix. Questi componenti costituivano gran parte di un sistema operativo completo, ma il progetto non riuscì a portare a termine lo sviluppo del kernel GNU Hurd basato su un’architettura a microkernel (inizialmente Mach), che rimase incompleto e instabile. Proprio questa assenza di un kernel funzionante impediva a GNU di diventare un sistema operativo pienamente utilizzabile, lasciando aperto lo spazio che sarebbe stato colmato nel 1991 dal kernel Linux di Linus Torvalds.
1977–1980: la nascita di BSD
Parallelamente, presso l’Università di Berkeley si sviluppò la Berkeley Software Distribution (BSD), un sistema operativo completo derivato da Unix, nato nel 1977 con la prima versione, 1BSD, e che si consolidò come sistema operativo autonomo nel 1980 con 3BSD. A differenza del progetto GNU, che negli stessi anni ’80 aveva già prodotto compilatori, editor e utility ma non ancora un kernel funzionante, BSD offriva un ambiente operativo completo e utilizzabile. Tuttavia, nelle sue prime versioni BSD conteneva ancora codice AT&T e quindi non poteva essere considerato pienamente libero. Questo portò nel 1992 all’avvio di una causa legale intentata da AT&T contro l’Università di Berkeley per l’uso del codice Unix, che si risolse nel 1993–1994 con un accordo. Tale vicenda rallentò la diffusione di BSD e diede alle distribuzioni GNU/Linux, ormai in rapida crescita, un vantaggio competitivo destinato a diventare incolmabile.
1991: il kernel Linux
Nel 1991 Linus Torvalds, studente finlandese dell’Università di Helsinki, pubblicò la prima versione del kernel Linux, inizialmente concepito come esercizio personale per sfruttare le potenzialità del processore Intel 80386. Il kernel Linux era scritto in linguaggio C, con alcune parti in assembly, e adottava un’architettura monolitica, più semplice da implementare rispetto ai microkernel (come il progetto GNU Hurd). Fin dalle prime versioni, Linux supportava funzionalità multitasking, gestione della memoria virtuale e un modello di permessi ispirato a Unix, rendendolo immediatamente utilizzabile come base di un sistema operativo moderno.
La combinazione del kernel Linux con gli strumenti già sviluppati dal progetto GNU (compilatore GCC, librerie C, shell Bash, editor Emacs e numerose utility) diede vita a un sistema operativo completo: GNU/Linux. La licenza GPL garantiva che ogni modifica e miglioramento restasse libero e condivisibile, favorendo una rapida crescita grazie alla collaborazione globale resa possibile da Internet e dalle prime mailing list.
Le prime distribuzioni segnarono la svolta:
- Slackware (1993): una delle prime distribuzioni stabili, pensata per utenti esperti, basata su SLS ma più ordinata e affidabile.
- Debian (1993): introdusse un modello comunitario di sviluppo, con pacchetti gestiti da volontari e un sistema di aggiornamento coerente.
- Red Hat Linux (1994): portò GNU/Linux nel mondo aziendale, introducendo il sistema di pacchetti RPM e un approccio commerciale con supporto professionale.
Grazie a queste distribuzioni, GNU/Linux si adattò a diversi contesti: dai server, dove offriva stabilità e sicurezza, ai desktop, dove iniziò a diffondersi con ambienti grafici come X Window System e, successivamente, KDE e GNOME. La modularità del kernel e la filosofia del software libero permisero inoltre di estendere il kernel Linux a dispositivi embedded e supercomputer, gettando le basi per la sua ubiquità odierna.
1992–1994: BSD diventa libero
Dopo l’avvio della causa intentata da AT&T nel 1992 contro l’Università di Berkeley per l’uso di codice Unix, la vicenda si concluse nel 1993 con un accordo extragiudiziale che impose la rimozione del codice proprietario dalle versioni di BSD. L’anno successivo, nel 1994, venne rilasciata la versione 4.4BSD-Lite, finalmente libera da vincoli legali, e da quel momento la Berkeley Software Distribution (BSD) poté essere distribuita come sistema operativo libero e indipendente.
Tuttavia, la licenza BSD, più permissiva, consentiva alle aziende di prendere il codice e integrarlo in prodotti proprietari senza obbligo di condivisione delle modifiche. Al contrario, la licenza GPL che regolava GNU/Linux tutelava le aziende che lo adottavano da appropriazioni indebite e dalla chiusura del codice: ogni miglioramento doveva rimanere libero e disponibile per tutti. Questo meccanismo di copyleft garantiva un ecosistema collaborativo e trasparente, e fu un’altro dei fattori che contribui alla crescita dell’ecosistema GNU/Linux rispetto ai sistemi BSD.
Inoltre, con il tempo, una volta risolta la questione legale con AT&T, BSD perse la sua centralità come progetto unitario: la comunità, divisa sulle direzioni da intraprendere, aprì la strada a iniziative autonome. La distribuzione originale si frammentò così in varianti indipendenti come FreeBSD, NetBSD e OpenBSD, ciascuna sviluppata con obiettivi distinti e orientata a una nicchia specifica.
- FreeBSD si concentrò su prestazioni elevate e stabilità, diventando molto diffuso in ambito server e networking, grazie anche al suo avanzato stack TCP/IP, considerato tra i più maturi e affidabili.
- NetBSD puntò sulla portabilità, riuscendo a girare su un’ampia gamma di architetture hardware, dai PC ai sistemi embedded, grazie a un design modulare e pulito.
- OpenBSD mise al centro la sicurezza, introducendo pratiche di auditing del codice e funzionalità come la crittografia integrata e firewall avanzati (pf – packet filter).
Pur rappresentando soluzioni solide e apprezzate in contesti mirati, queste varianti non riuscirono a raggiungere la diffusione globale dei sistemi operativi basato su GNU/Linux, che grazie alla licenza GPL, alla collaborazione comunitaria e alla varietà di distribuzioni si impose come sistema operativo libero di riferimento.
Oggi BSD sopravvive soprattutto in ambiti specializzati come router, firewall, appliance di rete e sistemi embedded, mentre il sistema GNU/Linux è diventato il cuore pulsante dell’infrastruttura digitale moderna, dai server ai supercomputer, fino agli smartphone con Android.
Metà anni ’90: la diffusione di GNU/Linux
Con la crescita di Internet negli anni ’90 e la disponibilità di distribuzioni GNU/Linux sempre più accessibili, i sistemi operativi GNU/Linux iniziarono a diffondersi rapidamente nei server e nelle infrastrutture di rete. La possibilità di scaricare liberamente il codice sorgente e di adattarlo alle proprie esigenze rese questi sistemi particolarmente attraenti per università, centri di ricerca e aziende, che potevano così ridurre i costi rispetto ai sistemi proprietari.
In questo periodo i sistemi GNU/Linux si trovarono a competere con diversi Unix commerciali:
- Xenix, derivato da Unix e distribuito da Microsoft negli anni ’80, pensato per macchine a basso costo ma progressivamente abbandonato a favore di Windows NT.
- Solaris, sviluppato da Sun Microsystems, molto diffuso nei server enterprise grazie alla sua robustezza e al supporto per architetture SPARC.
- HP-UX (Hewlett-Packard) e AIX (IBM), utilizzati in ambito aziendale e industriale, con ottimizzazioni specifiche per l’hardware proprietario.
La differenza sostanziale stava nella licenza GPL: mentre i sistemi Unix commerciali erano vincolati a licenze costose e restrittive, i sistemi GNU/Linux garantivano libertà di utilizzo, modifica e redistribuzione. Questo tutelava anche le aziende che li adottavano, impedendo appropriazioni indebite o la chiusura del codice sviluppato internamente, a differenza dei sistemi BSD che, con la loro licenza più permissiva, permettevano l’integrazione in software proprietario senza obbligo di condivisione.
Dal punto di vista tecnico, gli anni ’90 segnarono tappe fondamentali:
- 1993–1994: nascita delle prime distribuzioni GNU/Linux stabili come Slackware, Debian e Red Hat, che introdussero sistemi di pacchetti e strumenti di gestione.
- 1995–1996: i sistemi GNU/Linux si affermarono come piattaforma server grazie alla stabilità del kernel e al supporto del protocollo TCP/IP, proprio mentre Internet esplodeva a livello globale.
- 1998: grandi aziende come IBM e Oracle iniziarono a investire su GNU/Linux, riconoscendone il potenziale in ambito enterprise.
- 2000: con il rilascio del kernel 2.4, i sistemi GNU/Linux acquisirono funzionalità avanzate come il supporto a sistemi multiprocessore (SMP), consolidando la loro posizione nei data center.
Grazie alla comunità globale e alla licenza GPL, i sistemi operativi GNU/Linux si dimostrarono più flessibili, convenienti e scalabili rispetto ai concorrenti commerciali, diventando progressivamente il punto di riferimento per server, supercomputer e, in seguito, anche per dispositivi embedded e mobile.
2003: la disputa SCO contro Linux
Nel 2003 la società SCO Group intentò una causa contro i sistemi operativi GNU/Linux, sostenendo che parte del codice del kernel derivasse da Unix e fosse stato utilizzato senza autorizzazione. La vicenda, nota come SCO vs. Linux, ebbe grande risonanza mediatica e coinvolse aziende di primo piano come IBM, accusata di aver trasferito codice Unix nel kernel Linux.
La comunità open source e le principali aziende che avevano già adottato GNU/Linux reagirono compatte: sviluppatori indipendenti, fondazioni e colossi tecnologici dimostrarono che il codice del kernel Linux era originale o comunque rilasciato sotto licenza libera. La GPL giocò un ruolo cruciale, garantendo trasparenza e tracciabilità delle modifiche, e tutelando le aziende dall’eventuale appropriazione indebita del loro contributo.
La causa si protrasse per diversi anni, ma non riuscì a frenare la crescita dei sistemi GNU/Linux:
- 2004–2007: le distribuzioni come Red Hat Enterprise Linux e SUSE Linux Enterprise consolidarono la loro presenza nel mercato server.
- 2007: i tribunali iniziarono a respingere le rivendicazioni di SCO, ridimensionando drasticamente la portata della causa.
- 2010: SCO dichiarò bancarotta, segnando la fine della disputa.
Questo episodio ebbe un valore simbolico: sancì il riconoscimento dei sistemi operativi GNU/Linux come avversari diretti e credibili dei sistemi Unix commerciali, dimostrando che la comunità open source e il modello di sviluppo collaborativo potevano resistere anche a pressioni legali di grande portata.
Perché GNU/Linux ha prevalso
La diffusione dei sistemi operativi GNU/Linux non fu un evento casuale, ma il risultato di una combinazione di fattori tecnici, sociali e storici che ne determinarono il successo rispetto ai concorrenti Unix commerciali e alle varianti BSD.
I motivi principali possono essere riassunti nei seguenti punti:
- Licenza GPL: impediva appropriazioni proprietarie e garantiva che ogni miglioramento restasse libero, tutelando anche le aziende che adottavano GNU/Linux.
- Comunità globale: lo sviluppo distribuito e collaborativo accelerò la crescita e la stabilità del sistema, favorendo un modello di innovazione aperta.
- Distribuzioni: la varietà di sistemi personalizzati rese GNU/Linux accessibile a studenti, ricercatori e aziende, con soluzioni adatte a ogni contesto.
- Momento storico: l’esplosione di Internet negli anni ’90 favorì la diffusione di un sistema operativo libero, stabile e orientato alla rete.
Grazie a questi elementi, i sistemi operativi GNU/Linux si affermarono progressivamente come alternativa credibile rispetto agli altri sistemi.
Infine, un ruolo decisivo fu svolto dalla loro adattabilità: sebbene inizialmente sviluppati per l’architettura Intel 80386, furono presto in grado di funzionare su una vasta gamma di hardware, dai PC domestici ai supercomputer, fino ai dispositivi embedded, garantendo così una diffusione capillare e una versatilità senza precedenti.
Ecco perché oggi i sistemi operativi GNU/Linux dominano gran parte dell’infrastruttura digitale mondiale. Tuttavia, la storia insegna che nessun predominio tecnologico è eterno: all’orizzonte si intravede un potenziale concorrente, Redox OS, sviluppato in Rust. Questo nuovo sistema punta a sfruttare le caratteristiche intrinseche del linguaggio, capace di ridurre i problemi di sicurezza legati alla gestione della memoria e all’esecuzione del codice. Non sappiamo se riuscirà davvero a scalzare GNU/Linux, ma la sua comparsa dimostra come l’innovazione continui a ridefinire gli equilibri del mondo dei sistemi operativi.
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