BIOS

By Peppe Labor

BIOS (Basic Input-Output System)

Con il termine BIOS si definisce uno dei componenti più importanti presente in ogni computer: si tratta tecnicamente di una ROM che contiene le istruzioni di base, quelle che permettono al computer, all’accensione, di avviarsi e di attivare le funzioni di base.

Una delle prime fasi svolte dal BIOS è il controllo POST (Power-On Self Test, autocollaudo all’accensione): verifica innanzitutto che i componenti del sistema funzionino correttamente.

Il successivo passo è quello di analizzare il chipset, poi effettua un reset della CPU e della tastiera e verifica se stesso. Si passa quindi al controllo del chip CMOS(Complementary Metal Oxide Semiconductor) in cui sono conservate le impostazioni definite dall’utente (per esempio la data e l’ora).

Questo chip ha bisogno di una costante alimentazione elettrica, che è fornita dalla batteria incorporata nella motherboard: se la batteria si guasta o si esaurisce, il CMOS si cancella e le impostazioni definite dall’utente non sono più disponibili (data e ora del sistema, per esempio, si azzerano).

Nel passo ancora successivo, il BIOS controlla l’Interrupt Timer, la cui funzione è gestire le richieste di interruzione inoltrate dai dispositivi (come dischi o scheda grafica) alla CPU. Tocca poi a una verifica della funzionalità di RAM, scheda grafica, controller del DMA (che gestisce l’accesso diretto dei dispositivi alla memoria RAM senza bisogno di passare dalla CPU), eventuale unità a floppy disk, dischi e connessioni.

Se tutto va bene, a questo punto il BIOS trasferisce il controllo al boot loader, che si occupa del caricamento del sistema operativo da disco, e viene emesso un singolo, breve “bip”.

Se, invece, nel corso del POST, qualcosa non va, i “bip” emessi sono più d’uno e sullo schermo viene visualizzato un messaggio d’errore. I suoni emessi non sono casuali: possono essere organizzati in sequenze oppure di durata diversa, a seconda del produttore del chip.

I BIOS più noti sono tre: Phoenix, AMI e Award; il primo usa sequenze di bip della stessa durata, gli altri due bip di durata diversa.

Nel BIOS Phoenix, per esempio, la sequenza “un bip singolo, pausa, quattro bip ravvicinati, pausa, due bip ravvicinati” indica un errore della memoria.

Se vi dovesse capitare di incappare in una situazione di questo genere, dovete avere a portata di mano il manuale della scheda madre, identificare il tipo di BIOS di cui è dotata, e trovare una tabella delle corrispondenze fra sequenze di bip ed errori.

Se non la riporta direttamente il manuale della motherboard, bisogna pazientemente fare una ricerca nel web.

Dato che quest’ultima operazione potrebbe essere problematica, se il computer fosse in panne, è bene procurarsi tutte queste informazioni subito, quando si acquista o si assembla la macchina, e tenerle a portata di mano per ogni evenienza.

Le indicazioni di errore sono in genere, comunque, abbastanza vaghe, insufficienti a isolare perfettamente la causa.

Se non si vuole affidare il computer a un tecnico o all’assistenza del produttore (o del rivenditore), nella maggior parte dei casi bisogna procurarsi una scheda diagnostica della scheda madre: si presenta come una comune scheda di espansione, va installata in un alloggiamento libero sulla scheda madre.

All’avvio, identifica il problema e mostra sullo schermo un codice identificativo dell’errore; attraverso una tabella di corrispondenza (nel manuale della scheda) si può risalire dal codice al componente difettoso.

Il BIOS dei primi personal computer, era relativamente semplice ed era conservato in una memoria ROM a sola lettura, programmata in fabbrica. Non era previsto che il chip potesse essere modificato: al massimo, si poteva sostituire il chip di ROM con un altro chip, sempre predisposto dal produttore.

Probabilmente i costruttori si sono poi resi conto che la rapida evoluzione dell’hardware rendeva il BIOS soggetto a un’obsolescenza sufficientemente veloce da consigliare la sua conservazione in chip di memoria riprogrammabili, le EEPROM (Electrically Erasable Programmable Read- Only Memory, memoria a sola lettura programmabile e cancellabile elettricamente); oggi si usano chip di memoria flash, dispositivi elettronici meno costosi, realizzati con una tecnologia nata nei laboratori della Toshiba agli inizi degli anni Ottanta.

Tutti questi tipi di dispositivi elettronici sono comunque tipi di memorie che non hanno bisogno di essere alimentati, conservano i loro contenuti anche quando non c’è alimentazione di rete e non hanno bisogno di una batteria a differenza delle RAM e dei dispositivi CMOS.

Grazie a questi nuovi tipi di chip, è diventato possibile aggiornare il BIOS via software: sono necessari programmi ad hoc e il procedimento non è mai privo di qualche rischio, ma seguendo con cura le istruzioni dei produttori l’operazione è fattibile.

Nella fase in cui si completa l’esecuzione del POST e l’inizio del caricamento del sistema operativo, c’è un breve lasso di tempo nel corso del quale è possibile interrompere la normale sequenza di avvio per accedere al programma di Setup, cioè di impostazione, del BIOS.

Bisogna premere, in quell’intervallo, un particolare tasto o una specifica combinazione di tasti: quale precisamente, dipende dal sistema (può essere F1, F2, F8, F10, Del, Esc, Canc, Ctrl+Alt+Esc, Ctrl+Alt+Invio e altri ancora).

Nella maggior parte dei casi, compare un messaggio sullo schermo, del tipo “Press [XX] to enter BIOS Setup” o “Hit [XX] to enter Setup”, dove al posto di XX sono indicati il tasto o la combinazione di tasti da premere.

Il programma di Setup del BIOS si presenta come una serie di schermate, dalla grafica molto semplice, in cui si possono inserire informazioni particolari relative all’hardware.

Sui vecchi sistemi il ricorso al Setup del BIOS era spesso necessario, perché i dispositivi aggiuntivi nella maggior parte dei casi non erano riconosciuti automaticamente.

Ma negli ultimi anni il ricorso a questo strumento è meno comune, grazie all’introduzione del Plug and Play: nella fase di avvio si apre una sorta di dialogo fra i dispositivi e il BIOS e sono i dispositivi stessi a comunicare la propria natura e il tipo di risorse di cui hanno bisogno (interrupt, canali di accesso diretto alla memoria e così via).

Provvede il BIOS, in quella fase, ad assegnare le risorse in modo che non si verifichino conflitti e che tutti gli elementi dispongano di quanto è necessario al loro buon funzionamento.

Identificati in questa fase i dispositivi e assegnate le risorse, il sistema operativo poi è in grado di caricare i driver opportuni, cioè il software che “pilota” i dispositivi.

Driver in inglese significa “pilota” o “autista”: lo si può immaginare come il guidatore di un taxi, con il sistema operativo come passeggero. Quando il sistema operativo ha bisogno di “andare da qualche parte” sale sul suo taxi e, come tutti i passeggeri, non fa altro che dire la sua destinazione; dopo di questo, lascia ogni incombenza al tassista, confidando che sappia che strada prendere, quando cambiare marcia, quando girare il volante e così via.

Si parla di Plug and Play anche in riferimento ai dispositivi esterni che possono essere connessi al computer “a caldo”: ad esempio, quando viene inserita una chiavetta di memoria in una porta USB, per esempio. All’avvio il BIOS ha comunicato al sistema operativo l’esistenza delle porte USB e assegnato loro le relative risorse.

Nel momento in cui si connette la chiavetta, poi, questa può segnalare al sistema operativo la propria presenza e inviare le informazioni di identificazione, alle quali il sistema reagisce chiamando in causa il driver opportuno (eventualmente prima identificandolo, se è la prima volta che il dispositivo viene collegato alla macchina).

In tempi che possono sembrare preistorici, ma che risalgono in realtà a 15 anni fa o poco più, il collegamento a caldo non sarebbe stato possibile: perché bisognava spegnere il computer, collegare il dispositivo, riaccendere il computer e, nel migliore dei casi, installare manualmente i driver; nel peggiore, intervenire nel Setup del BIOS per configurare le impostazioni necessarie al riconoscimento del nuovo hardware.

Fra le varie configurazioni che si possono attuare nel programma di Setup del BIOS, vi sono per esempio le funzioni di gestione dell’alimentazione e del risparmio energetico, la gestione di varie caratteristiche del chipset, l’impostazione di una password per il sistema, parametri relativi al video e così via. Sono tutte informazioni modificabili, ma non si deve intervenire in modo casuale, “tanto per provare”.

Con qualche ritocco, è possibile migliorare le prestazioni complessive del sistema, ma è necessaria una conoscenza di base dell’hardware e del significato dei singoli parametri.

Per cui se non si è pratici conviene evitare, altrimenti si potrebbero causare dei danni invece di portare migliorie al computer.

Comunque, anche per chi si sente abbastanza pratico, è sempre bene non modificare contemporaneamente molti parametri: conviene sostituirne uno o al più due alla volta, e poi vedere come si comporta il sistema, prima

di procedere oltre.

Aggiornare il BIOS

Da quando è memorizzato in flash ROM, il BIOS può essere aggiornato via software: non è però un’operazione da svolgere con leggerezza, perché è potenzialmente molto pericolosa (lo è un po’ meno sulle macchine che sono dotate di doppio BIOS, con un chip che rimane di riserva per riportare la macchina alle condizioni iniziali, se qualcosa va male nella modifica dell’altro chip).

Nel momento in cui sarà necessario o opportuno un aggiornamento, comunque, è importante consultare attentamente il manuale d’istruzioni della motherboard e utilizzare esclusivamente il programma fornito dal costruttore.

Bisogna inoltre installare solo aggiornamenti per lo specifico BIOS della macchina che si possiede: anche se i produttori di BIOS sono pochi, ciascuno ha creato nel tempo più versioni del proprio firmware, e l’ha concesso in licenza a molti costruttori di schede madri, che vi possono avere apportato modifiche secondarie ma comunque indispensabili per il buon funzionamento del sistema.

Bisogna verificare anche un altro dettaglio non secondario: la norma vuole che gli aggiornamenti debbano essere fatti in ordine; se cioè, poniamo, il BIOS che si possiede fosse in una versione 1, e ne fossero stati realizzati gli aggiornamenti 2, 3 e 4, in genere non è possibile fare l’aggiornamento direttamente dalla 1 alla 4; bisogna effettuare prima gli aggiornamenti intermedi, nell’ordine.

Anche per questo motivo, comunque, è bene fare sempre riferimento al sito del produttore e ai manuali pertinenti.

Se l’aggiornamento riguarda il BIOS di un portatile, è bene effettuarlo con la macchina alimentata da rete e non dalla batteria: altrimenti, se per caso dovesse scaricarsi la batteria a operazione non ancora conclusa, si finirebbe per avere una macchina non più funzionante.

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