Nuova Zelanda: il cyberbullismo diventa un crimine

By Jessica Lambiase

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Le legislazioni di tutto il mondo condannano da sempre il bullismo in maniera più o meno accentuata poiché, come i fatti dimostrano, la violenza spesso non deve necessariamente passare per coltellate, proiettili e fucili ma può avere un vettore apparentemente più innocente e silenzioso quale può essere la voce: l’intimidazione e/o la ridicolizzazione verbale (specie se ripetuta) può avere un impatto molto forte su chi la subisce e portare a conseguenze anche gravissime.

E se il bullismo nella “vita reale” non resta impunito il più delle volte, con l’evolversi dei tempi questo fastidioso fenomeno si è spostato anche al mondo cibernetico, mondo nel quale spesso le legislazioni “vecchio stampo” delle varie costituzioni, carte dei diritti o quant’altro sono non hanno giurisdizione: è per questo che, se ad esempio si possono avere conseguenze anche gravi per aver intimidito ripetutamente i compagni di scuola più deboli, si resta fin troppo spesso impuniti se queste intimidazioni avvengono ad esempio tramite i social media.

A partire da oggi, avvenimenti del genere non resteranno più impuniti in Nuova Zelanda: è stata infatti approvata una legge che criminalizza di fatto il cyberbullismo, e proibisce alla gente di inviare messaggi razzisti, sessisti, critici nei confronti di religione, orientamento sessuale, disabilità e quant’altro tramite la rete.

La pena viene determinata in base alla gravità delle conseguenze del gesto e si inasprisce nel caso gli atti di bullismo in rete provochino seri disagi e pericoli emotivi“: i colpevoli del reato di cyberbullismo, in tal caso, rischiano fino a due anni di reclusione.

Tale legge inoltre prevede un “trattamento speciale” per i bulli cybernetici che praticano atti di incitazione al suicidio: in tal caso la pena può arrivare fino a 3 anni di reclusione. Per rendere efficace tale legislazione Nuova Zelanda ha istituito una nuova divisione che gestirà le segnalazioni di bullismo in rete, un organo statale che praticamente si sostituisce ai meccanismi di monitoraggio delle reti sociali, in tal caso notoriamente carenti.

I presunti bulli potranno comunque evitare – almeno se l’azione non è reiterata – di incappare nei provvedimenti penali concordando con l’autorità di eliminare i presunti messaggi incriminati entro 48 ore dalla loro scoperta. Quello neozelandese è un provvedimento atto a regolamentare – a mio avviso in maniera assolutamente giusta – un reato che ormai si diffonde a macchia d’olio e che purtroppo continua a mietere vittime, in qualche caso mettendo a repentaglio anche la loro vita.

D’altra parte, per nostra immensa sfortuna, quando si parla di Internet tutto ha una doppia facciata: un provvedimento del genere può anche essere additato come lesivo nei confronti della libertà di parola, poiché andrebbe a “limitare” – senza i dovuti accorgimenti – in qualche modo la possibilità di esprimere senza veli il proprio pensiero. In poche parole è un precedente assolutamente interessante che penalizza di fatto un fenomeno che non può essere trascurato, tuttavia c’è bisogno che ciò venga trattato con i guanti affinché non vengaabusato” sfociando nella censura, vanificando così tutto ciò che di buono una legge del genere può portare.

L’articolo Nuova Zelanda: il cyberbullismo diventa un crimine appare per la prima volta su Chimera Revo – News, guide e recensioni sul Mondo della tecnologia.

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